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lunedì 27 ottobre 2008

Georges Simenon - Tre camere a Manhattan


Dopo le 1100 pagine di "Giochi sacri" mi sono buttato su qualcosa di breve.Ogni tanto mio fratello ne fa una buona e porta a casa un po' di libri.Succede una volta ogni 6 anni,mentre lui preleva dalla mia libreria settimanalmente.Però c'è da dire che quando lo fa non si risparmia.Ha portato a casa una trentina di libri.Il primo che ho preso in mano è questo libro di Simenon del 1946.Il mio esordio assoluto con questo autore.Niente Maigret.Questa è la storia di una coppia.Due persone che si incontrano in un momento difficile della loro esistenza.E che l'autore accompagna fino al momento in cui realizzano di amare e di essere una coppia.In mezzo ci sono le loro storie travagliate,parecchie confessioni,un tradimento e la prima lontananza.Il tutto in quello speciale angolo di mondo che è Manhattan.Che dire?Si fa leggere.Niente di più.Non è che posso dire di aver trovato delle pagine particolarmente ispirate.Più che per la storia tra i due,Simenon si fa apprezzare per le descrizioni di tutto ciò che li circonda.Le camere d'albergo,i locali fumosi,le strade percorse nei loro girovagare notturni.Da questo punto di vista niente da dire.Però per il resto,non mi strappo la pelle dalle ossa.Un buon lavoro,ma con pochi acuti.
dal testo
-Lui non provava passione,nè desiderio fisico.Avrebbe dovuto risalire molto indietro nel tempo,fino all'infanzia,forse,per ritrovare una sensazione così dolce e pura come quella che adesso lo pervadeva.
La accarezzava,ma non era il suo corpo quello che accarezzava:era lei tutta intera,era una Kay che gli sembrava di assorbire a poco a poco dentro di sè mentre a sua volta veniva assorbito dentro di lei.Restarono così a lungo,immobili,senza parlare,e per tutto il tempo in cui i loro esseri rimasero congiunti tennero gli occhi socchiusi,e ciascuno dei due vedeva,vicino alle proprie,le pupille dell'altro,e vi leggeva un'estasi indimenticabile.
Per la prima volta,inoltre,lui non si preoccupò delle conseguenze possibili del loro atto,e vide allora che le pupille di lei si dilatavano e le sue labbra si socchiudevano,sentì sulla bocca un soffio leggero e udì una voce che diceva:"Grazie".
Ora i loro corpi potevano sciogliersi.Non dovevano temere,questa volta,i rancori che subentrano alla passione.Potevano restare davanti l'uno all'altro,senza pudori,senza pensieri riposti.Una meravigliosa spossatezza faceva sì che si muovessero come al rallentatore in quella profusione di luce dorata che il sole sembrava aver creato apposta per loro.

lunedì 20 ottobre 2008

Vikram Chandra - Giochi sacri


E così,dopo 1100 pagine e rotti,ho finito "Giochi sacri".Gran libro.Non un capolavoro,ma un gran libro.Una detective story con due personaggi da antologia,Ganesh Gaitonde e Sartaj Singh.Il gangster ed il poliziotto.Ma non lasciatevi ingannare.Qua non c'è una definizione netta di ciò che è bene e ciò che è male.Invece,c'è una grande rappresentazione dell'India,della sua storia,delle sue contraddizioni e dei suoi conflitti.Che,come spesso accade,sono quasi sempre frutto di differenze religiose.Ed è proprio questa voglia da parte dell'autore di dare un quadro fedele di ciò che il paese indiano è ed è stato che mi fa accettare tre o quattro parti del libro che ai fini della vicenda si sarebbero potute benissimo escludere.Compresi i due episodi finali che nulla tolgono e nulla aggiungono al libro.Che riprendono sì vicende del libro lasciate in sospeso,ma vicende di cui non si sentiva il bisogno di conoscere il finale.
Il personaggio che verrà amato da chiunque leggerà questo libro rimane comunque Ganesh Gaitonde,il gangster.Un personaggio assurdo,la cui vita verrà raccontata nei più piccoli particolari per spiegare il suo tragico destino che viene svelato sin dalle prime pagine.Spietato,sessualmente insicuro,traumatizzato dall'infanzia,bisognoso di una guida spirituale e di un'amicizia femminile,il cattivo della vicenda vive mille vite in una.Riuscendo sempre a risorgere.Almeno fino alla tragica e delirante fine.
Libro che vale la pena di affrontare.Anche se,mi ripeto,qualcosa delle 1156 pagine poteva rimanere nel cassetto dell'autore.
-"E' inevitabile.E' per questo che tutte le grandi religioni parlano della distruzione che verrà.Pralay,qayamat,apocalisse.Ma non devi avere paura Ganesh.La paura deriva dal piccolo ego che ci intrappola.Tu sei infinitamente più grande.E da quella prospettiva più grande non c'è nulla da temere."
Sapevo che lo diceva per consolarmi,ma non serviva a niente.Certo,avrei potuto pensare a a me stesso come ad un occhio distaccato sospeso molto più in alto del terreno su cui camminavo,che leggeva - con piacere - tutto ciò che superava la conoscenza del mio corpo e l'orizzonte,ma non riuscivo a sentirmi così.No.Salutai Guruji e mi sdraiai immaginando questa immensa rete di avvenimenti che rimbalzavano e si slanciavano sempre in avanti,verso il fuoco e l'acqua,verso la dissoluzione,e mi si seccò la bocca.Mi sollevai su un gomito e afferrai un bicchiere d'acqua.Quando lo posai di nuovo,tintinnò lievemente sul sottobicchiere dorato e il rumore mi rimbombò nella testa.Le mani mi tremavano.Ogni gesto si univa agli altri,ogni azione causava quella successiva,e un'increspatura diventava un'onda e poi un torrente che scorreva impetuoso  verso l'ineluttabile precipizio.Forse persino quel minuscolo tintinnio del bicchiere ci aveva condotto in qualche modo impercettibile più vicini alla catastrofe che rieccheggiava.Un rumore si schiantò dentro di me,forse il battito del mio cuore,forse un'eco di tutto il resto contenente il principio e la fine,la nascita e la vita e la morte che tutto divora.-

giovedì 9 ottobre 2008

Fuori media...

Mi sono accorto oggi che da quando ho aperto questo nuovo blog si è parlato di libri soltanto per la morte di David Foster Wallace,per la traduzione in italiano di un suo racconto e per l' unico libro che ho finito in questo periodo,"Tutte le anime"di Javer Marìas.Il fatto è che ne sto leggendo due contemporaneamente.Ed uno è "Giochi sacri"di Vikram Chandra.1100 pagine e rotti di libro.Mica uno scherzo.L'altro è "Sabato" di Ian McEwan,che è lì a 40 pagine dalla fine,ma sta subendo il fatto che "Giochi sacri" mi sta prendendo parecchio.E nella sfida serale,quando me li trovo lì tutti e due accanto al divano,sta avendo sempre la meglio.Un po' di pazienza ,quindi,e si ricomincerà a parlare di libri con maggior frequenza.In giro per casa ci sono anche "Pastorale Americana"perchè alla fin fine mi sono letto tutto Roth e(come faccio di solito)mi sono tenuto il meglio in fondo;"Cose di cosa nostra"di John Dickie,perchè la Laterza faceva degli sconti assurdi e l'ho comprato a 6,90;"Della bellezza"di Zadie Smith,perchè anche se tutti mi hanno detto che fa schifo,a me "Denti bianchi"è piaciuto molto,ed io ad una scrittrice che mi piace un'altra occasione gliela dò;"Uomo nel buio" di Paul Auster,perchè l'ho visto ieri in vetrina ed anche se ho parecchi arretrati un suo libro si compra sempre e subito.Anche se sono 17 euro per 152 pagine.Li mortacci loro.

venerdì 3 ottobre 2008

Good People....

Qui avevo ricordato brevemente David Foster Wallace appena appresa la notizia della sua morte.Avevo sottolineato soltanto la mia assoluta ammirazione.C'è chi,invece,gli ha dato un ultimo meraviglioso saluto traducendo uno dei suoi ultimi racconti,"Good People",inedito in Italia.Eccolo.Andatevelo a leggere.E' un ordine.

martedì 23 settembre 2008

Javier Marias - Tutte le anime

Ho finito ieri questo romanzo che è il terzo che leggo di questo autore spagnolo.Scopro ora,cercandolo su wikipedia,che come al solito sono un lettore dilettante e leggo ogni autore un po' a casaccio,non seguendo la cronologia delle sue opere,ma prendendo in libreria il romanzo che di volta in volta mi attira di più.E ho scoperto che tra i tre libri da me letti questo è il più vecchio,datato 1988,mentre avevo esordito con "Domani nella battaglia pensa a me" del 1994 e proseguito con "un cuore bianco" del 1992.Insomma,sono andato a ritroso.E così anche l'abilità del narratore,che ha evidentemente affinato negli anni le sue capacità di grande romanziere;se,infatti,"D.n.b.p.a.m" mi aveva a dir poco esaltato e "U.c.b." mi aveva pienamente convinto,"T.l.a",invece, è stata una lettura un po' noiosa.Si possono già trovare tutti gli elementi e le strutture della scrittura di Marias,ma i contenuti sono decisamente inferiori alle due opere successive.Se infatti negli altri due romanzi Marias si era svelato come profondo conoscitore di ogni più piccola debolezza dell'animo umano e mi aveva completamente sorpreso per la verità di molte delle sue intuizioni,qua rimane un po' in superficie e non si trovano molti spunti di riflessione.Ottimo lavoro per uno scrittore agli esordi,però paragonare i personaggi di questo libro ai meravigliosi ritratti di persone alle prese con scelte tremende dei lavori successivi è realmente arduo.Il romanzo racconta delle esperienze dell'autore nel suo soggiorno come professore a Oxford.Numerosi personaggi gireranno attorno alla sua figura.Un'amante,un professore coetaneo che troverà la morte prematuramente ed un anziano professore alle prese con la vecchiaia sono i principali.E naturalmente di ognuno non viene raccontato soltanto il rapporto con l'autore,ma anche le esperienze di vita precedenti.Traumi,turbamenti,rimorsi e rimpianti perciò si inseriscono nelle esistenze dei protagonisti ed influenzano il loro modo di rapportarsi con gli altri.
Insomma,carino,ma niente di più.
dal libro
"Ciò che più mi sorprende è che la malattia non mi impedisca per il momento di interessarmi alle cose degli altri.Ho deciso di comportarmi come se non mi dovesse succedere niente e di non dire niente a nessuno tranne che a B,e a B soltanto se vi sarà conferma del peggio.Non risulta difficile,una volta che sia stata presa la decisione.Ma la cosa strana non è che io sappia comportarmi con segretezza e come si conviene,ma il mio stesso interesse immutabile per ciò che mi circonda.tutto mi importa,tutto mi riguarda.In realtà non devo fingere perchè non riesco a convincermi che questo possa o debba succedere a me.Non riesco a convincermi dell'idea che a seconda di come andranno le cose potrei farla finita-nientemeno che morto!-e che se questo succedesse(incrocio le dita)smetterei di sapere quello che continuerebbe a succedere agli altri a partire da quel momento.Come se mi togliessero di mano un libro che sto leggendo con infinità curiosità.E'inconcepibile.Se poi fosse soltanto questo non sarebbe grave,il brutto è che non ci sarebbero nemmeno altri libri,la vita come codice unico.La vita è ancora medievale."

domenica 14 settembre 2008

Che botta....

Quando penso alla letteratura comtemporanea,nove volte su dieci penso a scrittori americani.E fino a 10 minuti fa quando pensavo che DeLillo ha 72 anni,Pynchon 71 e Roth 75,e che quindi la loro produzione letteraria potrebbe essere agli sgoccioli, l'unico pensiero consolante era che almeno David Foster Wallace è nato nel 1962.Fino a 10 minuti fa perchè 10 minuti fa ho aperto il sito del corriere e ho scoperto che David Foster Wallace si è impiccato.Che botta....